Lavare il riso sembra essere una pratica adottata in molte parti del mondo, per quanto con diverse varianti sul tema.
Esistendo al mondo oltre 120000 tipi di riso differenti (secondo i dati della USA Rice Federation), è impossibile che vi sia un unico modo di lavarlo, cucinarlo e servirlo!
Ma perché dovremmo farlo?
Beh, il motivo principale è che lavando il riso (almeno, quello bianco), viene ridotta la quantità di amido superficiale che si trova sul chicco.
In questo modo è possibile ottenere chicchi ben staccati, facendo sì che la texture sia più croccante, ed il sapore decisamente più netto.
Certo, questo dipende anche dalla ricetta che vi accingete a fare: va benissimo per il pilaf, l’insalata di riso fredda, o altre preparazioni di cucina asiatica. Meno indicato se dovete cucinare un risotto.
Inoltre, l’acqua può aiutare a rimuovere eventuali corpi estranei (come la lolla di riso), oltre che eventuali residui di arsenico assorbito dai chicchi durante la crescita. Questo è un problema destinato a assumere proporzioni sempre maggiori con l’aumento medio delle temperature, a cui, ahinoi, andiamo incontro (1).
Inoltre, è un sistema efficace per lavare via dal chicco le contaminazioni di microplastiche (2).
Attenzione però! Un lavaggio troppo prolungato fa perdere al riso parte del suo contenuto di Vitamina B, minerali ed Acido Fitico (3): sostanze nutritive importanti, soprattutto in quelle parti del mondo dove il riso è considerato un alimento primario.
E sapete cosa?
In Giappone, durante il periodo Heian (fra il IX ed il XII secolo dC), vi era l’usanza per le donne di corte di portare i capelli lunghi fino ai piedi.
E come salvaguardavano la lucentezza della propria chioma?
Facendosi quotidianamente degli shampoo con lo Yu-Su-Ru, che altro non è che acqua ricavata dalla sciacquatura del riso (4).
Ma questo non so se funziona. Magari ci proverò io stesso…
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