Nelle sue Satire, Giovenale racconta una storia interessante accaduta nell’antica Roma, al tempo del regno del terrore instaurato dall’Imperatore Domiziano, negli ultimi anni della sua vita sempre più paranoico e sanguinario.
La pesca
Un pescatore prese un bellissimo esemplare di rombo, di dimensioni eccezionali, e ne volle far dono all’imperatore.
A dire il vero, il dono era più per evitare di venire accusato di furto che per generosità vera e propria: quelli erano infatti i tempi in cui, secondo Giovenale, “tutto quello di bello che c’è nel mare è del Demanio, dovunque questo nuoti“.
Vedendo questo splendido e grosso pesce, l’Imperatore decretò che doveva essere cucinato nel migliore dei modi, onde farne un piatto degno del palato di Cesare.
Come cucinarlo?
Ma cucinarlo come? Ognuno dei Senatori, chi per paura, chi per piaggeria, elogiava sfacciatamente sia il pesce che l’Imperatore, guardandosi bene dal dare alcun “consiglio culinario”. Probabilmente, per paura di non vedersi tagliato il collo (una punizione che Domiziano elargiva abbastanza facilmente).
Ed ecco che si face avanti un vecchio Senatore, tale Montano.
Questi aveva conosciuto gli sfarzi della Corte di Nerone. Diciamo quindi che aveva una certa esperienza per quanto riguarda baccanali e gozzoviglie…
Il pesce, disse Montano, era sicuramente un dolce presagio, un dono degli Dei al più illuminato degli imperatori. Non si poteva certo offendere gli dei facendolo a pezzi e buttandolo nella brace.
Al ché l’imperatore decretò che venissero convocati subito i migliori vasai della Città, al fine di costruire una pentola grande abbastanza per quel regalo di Nettuno.
E che tutti i Senatori, chiamati a corte così velocemente per il consulto, altrettanto in fretta dovessero sloggiare. L’Imperatore non amava avere scocciatori intorno a sé durante i pasti.
Conclude Giovenale che, se magari avesse concentrato i suoi sforzi solo su queste inezie invece di comandare assassinii, torture ed ingiustizie, forse Domiziano sarebbe morto nel suo letto, e non sotto i colpi di spada dei congiurati.
Ora, cambiando discorso, ecco un altro splendido esemplare di Rombo chiodato (Psetta maxima), frollato dal nostro amico Lele Usai nel suo Ristorante Il Tino, a Fiumicino.
Casualmente, non lontano dal luogo in cui tutta la storia ebbe luogo.
Solo che Lele avrebbe saputo consigliare l’Imperatore nel migliore dei modi!
Infatti, e non casualmente, è uno chef stellato!
Il rombo è frollato nell’armadio climatico Inox Bim.
L’imperatore degli armadi per la frollatura!