Se vi piace cucinare (che sia per hobby o per lavoro) probabilmente vi è capitato di cucinare “a bagnomaria” almeno una volta.
Ma vi siete mai chiesti perché si chiama così?
Probabilmente no. Ed è assolutamente normale, direi.
Ma, considerando che ormai siamo nell’argomento…
Il “bagnomaria” deve il suo nome a Maria la Giudea, un’alchimista vissuta in Egitto durante l’era dell’Impero Romano (intorno al I secolo d.C.). Si ritiene addirittura che sia stata la prima alchimista del mondo occidentale (almeno, la prima alchimista della cui esistenza possiamo essere sicuri).
A Maria viene attribuita l’invenzione del kerotakis, uno strumento utilizzato per sigillare ermeticamente un contenitore, e del tribikos, un rudimentale distillatore.
Ma l’invenzione più interessante partorita dalla mente di questa brillante donna è il Balneum Mariae (il “bagno di Maria”). Due pentole una dentro l’altra: la pentola esterna contiene un liquido che, venendo riscaldato dalla fiamma diretta, riscalda a sua volta quanto contenuto nella pentola interna. Facendo ciò, l’alchimista (e in seguito, il cuoco) può essere sicuro che la temperatura massima raggiungibile è il punto di ebollizione del liquido nella pentola esterna (ad esempio: 100°C, se il liquido è acqua).
Si, certo… i bagnomaria professionali ora sono in acciaio inox, con termostato e parti elettriche.
Ma comunque … Grazie Mary!